Attraversiamo il cancello della Tenuta Foradori ed entriamo nella spaziosa corte in ghiaia. I primi a venirci incontro sono il cane Buccia ed il gatto Argo, gli animali di casa, mentre un altro felino ci osserva miagolando a squarciagola da un poggiolo colmo d’edera.
“Vorrebbe le coccole ma è’ troppo ciccione per scendere da li...”

Emilio Foradori, che rappresenta la quarta generazione della famiglia tenutaria della cantina, ci viene incontro con un sorriso mentre osserva le peripezie del grasso felino. 
“Che ne dite di un caffè?”
Visto che abbiamo fatto un viaggio piuttosto lungo accettiamo con piacere e ci accomodiamo in un grande tavolo direttamente li, nella corte.
“Come è andata l’annata?” esordiamo, per rompere il ghiaccio.
“Complicata... Il Covid ha fatto si che molti aerei necessari alle previsioni del tempo non potessero volare e questo le ha rese parecchio inaccurate. Per una cantina come la nostra che lavora in biodinamica e che non può permettersi di sbagliare un trattamento è stato un problema non da poco...” In effetti non avevo di certo considerato l’impatto del Covid da questo punto di vista; si tende a concentrarsi molto sull’impatto delle vendite, ma non avevo pensato che in qualche modo potesse impattare sul lavoro in vigna.

Finiamo il caffè e ci avviamo verso le vigne. Non vediamo l’ora di muoverci un po’ visto che il sole appena tiepido non ci aiuta certo a riscaldarci.

 

 

La vigna

La tenuta Foradori si trova nella Piana Rotaliana, una zona a carattere alluvionale in cui domina un vitigno che ne è diventato uno dei simboli: il Teroldego. Solo 100 ettari di teroldego si trovano fuori da quest’area, mentre tutti i restanti appezzamenti vengono coltivati al suo interno.
“Il Teroldego si trova proprio bene in questa zona” esprimiamo il pensiero a voce alta, mentre ci inoltriamo nella vigna.
“Si, anche perchè è un vitigno che ama i terreni alluvionali della Piana, mentre odia l’argilla ad esempio” ci conferma Emilio.
“E’ davvero una bella tenuta” non possiamo fare a meno di notare. E il pensiero non potrebbe essere più spontaneo: tutto appare davvero in ordine e ben tenuto, mentre ci addentriamo nei filari.
“Ci spieghi un po’ di più sull’azienda?”
“Certo. La cantina come struttura nasce nel 1901, e viene acquistata dalla mia famiglia nel 1939. La prima produzione di vino Foradori è del 1960. La prima grande rivoluzione avviene grazie a mio padre e mia madre. E’ stato grazie alla loro lungimiranza che cominciamo a credere nelle potenzialità del Teroldego”
“Adesso sembrerebbe una scelta quasi scontata da farsi, in questa zona” notiamo.
“Già, ma ai tempi non era affatto così. Ma fu questa visione che li portò, già a partire dal 1985 ad effettuare selezioni massali sul Teroldego, molto in anticipo sui tempi, cosa che ci consentì di evitare un impoverimento genetico pazzesco. Nel 1986 nasce poi il Granato, tutt’ora uno dei cavalli di battaglia della nostra azienda.
“E poi c’è stato il grande passo della conversione alla biodinamica”
“Già, nel 2002. Ai tempi io ero ancora un giovane studente e l’idea di mia madre di convertire al biodinamico un’azienda che tutto sommato funzionava già bene mi pareva un po’ assurda. Fu grazie ad un libro di Steiner consigliatomi da mia madre, il cui titolo in italiano suonerebbe come ‘Gli impulsi scientifico spirituali per far fluire l’agricoltura’, che cominciai a considerare seriamente l’idea e a venirne poi conquistato”
“La visione della biodinamica rimane una questione molto personale. Nel nostro caso, noi vediamo il bosco come riferimento di un ecosistema in perfetto equilibrio. L’obiettivo è proprio quello di ricreare anche noi nelle nostre vigne un ecosistema altrettanto preciso ed equilibrato.”
“E quelle verdure, piantate fra un filare e l’altro?”
“Quelle rappresentano l’inizio del nostro passo successivo: l’integrazione della vite con altre colture”
Durante tutto il giro in vigna siamo seguiti passo passo dal cane e dai gatti dell’azienda, incluso quello un po’ cicciotto cui Emilio ha prestato soccorso permettendogli di scendere dal poggiolo.
“La cantina ha un bel po’ di storia... immagino che ci siano anche alcune vigne non più giovanissime”
“Si, ve le faccio vedere... queste sono vecchie vigne di Teroldego che risalgono al 1938. Sono ancora vigorose considerata l’età. Merito del fatto che parte della loro vita, quando c’era ancora il vecchio concetto di spingere per avere grande quantità d’uva, sono state nutrite a letame.”

La Cantina

Completato il giro delle vigne ci addentriamo nella cantina. Scendendo lungo le ampie gradinate di pietra si nota subito che la struttura porta con se una lunga storia (venne costruita nel 1901, come abbiamo già ricordato). Entriamo in un locale in cui, ai due lati, si nota l’imponente presenza delle grandi botti di legno per l’affinamento..
“Il ruolo della cantina è quello di accompagnare il vino nel suo divenire. E’ importante mantenere e preservare tutta la complessità che abbiamo in vigna anche in cantina. Anche per questo il nostro vino è fatto solo di uva con l’aggiunta di poca solforosa e solo quando serve e usandone sempre il meno possibile”
“Non deve essere una missione semplice fare il vino con questo approccio...”
“E’ così. Il rischio è più forte, aumenta la complessità perché diminuiscono gli strumenti di controllo a disposizione e questo richiede più cura nei dettagli. Per farlo assaggio e analizzo costantemente il prodotto in ogni fase del processo, cercando di cogliere in profondità la natura della fermentazione. E’ fondamentale che il vino sia stabile quando entra in bottiglia, senno è un casino.”
Scendiamo ancora ed entriamo in un altro locale, in cui ci troviamo di fronte ad una vista mozzafiato: la grande cantina è piena di anfore di terracotta per l’affinamento!
“Si chiamano tinajas. Ne abbiamo 247 divise fra le Ovoidal, quelle che vedi più panciute, e le cilindriche, che utilizziamo in uno stadio successivo dell’affinamento. La pancia delle Ovoidal serve per permettere al vino di avere una superficie di contatto più estesa”
“Sono diverse da quelle di scuola georgiana, giusto?”
“Si queste provengono dalla Spagna dove c’è una grande tradizione in questo senso, come puoi notare dalla firma dell’artigiano riportata su ciascuna di esse. Sono generalmente più piccole di quelle georgiane e sono poste fuori terra, anzichè venire interrate”
“E in termini di affinamento, come si comportano?”
“Si tratta di un contenitore che respira meno del legno e a differenza di questo non cede tannini e note di vaniglia. E’ senza dubbio un contenitore che lascia al vitigno la possibilità di esprimere la sua autentica personalità”
Lo spettacolo delle anfore avvolte dalla penombra della cantina toglie davvero il fiato e resteremo li per sempre.
“Che ne dite, andiamo a degustare qualcosa?”
“Va bene, rispondiamo” D’altra parte la vita è fatta di priorità.

 

I vini degustati 

Manzoni Bianco 2019
Apriamo la degustazione con questo elegante bianco ottenuto da con macerazione sulle bucce a 3 giorni. Rispetto alle annate precedenti, il 2019 si presenta come un annata più matura e consapevole, figlia anche delle “sperimentazioni” effettuate in alcune delle annate precedenti, il 2015 in particolare.


Scoprilo qui: https://tinyurl.com/yrk74shj

 

Nosiola 2019
La Nosiola si presenta come un vitigno molto neutro, generalmente poco alcolico. Grazie al lavoro svolto in cantina per mezzo delle Tinajas, però, riesce ad esprimere un carattere che non ci si aspetterebbe.


Scoprilo qui: https://tinyurl.com/olp8oxh9

Sgarzon 2019
Un vino cui gli 8 mesi di affinamento sulle Tinajas hanno donato una buona dose di intensità. Nonostante questo, riesce a mantenere un grande equilibrio. 
 

Morei 2018
Le radici del vitigno da cui si ottiene il Morei affondano nei ciottoli e nella sabbia della terra portata dal fiume Noce. Il risultato è un vino dalla trama fitta e minerale.


Scoprilo qui: https://tinyurl.com/9fti73b9

 

Foradori 2018
Espressione del vitigno che l’azienda da decenni si prodiga a salvaguardare. E per fortuna che ci sono loro a compiere quest’opera, verrebbe da dire assaggiando questo vino! Intenso e con una buona struttura riesce a rimanere molto equilibrato senza eccedere ne nella parte delle durezze che in quella delle morbidezze. L’affinamento in 20 mesi in botti di legno ci regala tannini altrettanto composti e levigati, ottimamente integrati con le altre componenti.


Scoprilo qui: https://tinyurl.com/8pzl3e9g

 

Fuoripista
Il fuoriprogramma all’interno della proposta della cantina, un gradevole fuoriprogramma per la precisione. Si tratta di un orange wine ottenuto a partire dal Pinot Grigio. La vinificazione nelle Tinajas, contenitore scelto appositamente per la sua neutralità, permette di apprezzare pienamente l’espressione del vitigno unite alle note macerative, senza le “interferenze” dovute all’affinamento in legno.


Scoprilo qui: https://tinyurl.com/2bel67oy


Scopri l’azienda su:
https://www.agricolaforadori.com/